Le vie dell’acqua

La fontana di Vico

La fontana di Vico – 1930
Donne intente nell’approvigionamento dell’acqua.
A destra una donna con agâi e cialdêrs – arconcello e secchi in rame.

© Foto studio Attilio Brisighelli – Fototeca Civici Musei – Udine.

Le fontane

Le fontane, ubicate al centro delle rispettive borgate e costruite su progetto dell’Ing. Valentino Marioni negli anni 1830-1840, consistono in una vasca ottagonale in pietra calcarea di Forni.

Sono formate da lastre di pietra verticali unite costa a costa, sopra un gradino ottagonale nei borghi di Vico e Tredolo, e sopra una gradinata circolare con ripiano lastricato a Baselia.

In mezzo alla vasca sorge una colonna a uno o a due bacini, o con un vaso di finimento sopra il bacino maggiore, in modo da formare un vario gioco d’acqua prima di cadere nella vasca.
Da quest’ultima, l’acqua sovrabbondante scola per tubi sotterrati nel canale della roggia più vicino.

La Fontana di Vîc un tempo riforniva di acqua potabile le famiglie e i loro animali. Erano le donne soprattutto, oltre alle bambine, a prendere l’acqua, fermandosi a chiacchierare e a scambiarsi le notizie.

 

Foto Paul Scheuermeier - Archivio AIS foto n° 2910 - Istituto di Lingue e Letterature Romanze e Biblioteca Karl Jaberg, Università di Berna.

Fontana e Lavatoio di Vico – 1931
© Foto Paul Scheuermeier – Archivio AIS foto n° 2910 – Istituto di Lingue e Letterature Romanze e Biblioteca Karl Jaberg, Università di Berna.

Il trasporto dell’acqua

L’Agâi e il Cialdêr
Il faticoso trasporto dell’acqua veniva effettuato grazie all’arconcello, l’agâi, una specie di bastone ricurvo portato sulle spalle, dotato alle estremità di ganci in ferro ai quali venivano appesi due secchi, per bilanciare il carico piuttosto pesante.

I secchi in rame, i cialdêrs, erano presenti in ogni casa: appesi sopra l’acquaio, avevano la funzione di trasportare e conservare l’acqua attinta dalle donne alla fontana.
Essendo di un materiale pregiato, questi secchi erano oggetto di particolare cura: venivano puliti con farina di granoturco e aceto;

periodicamente veniva rifatta la stagnatura interna, allo scopo di garantire la tenuta del recipiente e prevenire l’ossidazione del rame.

Nel 1935, il regime fascista promosse la campagna “Oro alla patria”, in cui la popolazione fu chiamata a consegnare metalli pregiati per finanziare la guerra in Etiopia. I paioli in rame furono così sostituiti da secchi senza valore.
Con grande lungimiranza, furono selezionati e salvati alcuni oggetti di pregio, conservati presso istituzioni museali del Friuli.

agai-arconcello

Agâi
© Paul Scheurmeier
Il lavoro dei contadini
Edizioni Longanesi

Bibliografia:
Polo E., Toponomastiche di For Disot. Comune di Forni di Sotto, 2003
Polo E., Forni di Sotto Lotte Fatiche Opere nel 1800. Editrice Aura e Centro Cultura, 1989
Polo E., Vocabolari Fornez -Talian, 2018
Scarin E., La casa rurale nel Friuli. C.N.R., 1943
Bertossi S., Vecchie case dei Forni Savorgnani. Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo di Forni di Sopra, 1973
La Carnia di Antonelli - Ideologia e Realtà. Centro Editoriale Friulano, 1980
Scheuermeier P., Il lavoro dei contadini. Cultura materiale e artigianato rurale in Italia e nella Svizzera italiana e retoromanza, Milano 1980, Edizioni Longanesi

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